I bambini bilingue parlano più tardi? Il bilinguismo causa ritardi nel linguaggio?

Ti rispondo subito…

Sì, può capitare che i bambini bilingue inizino a parlare qualche mese dopo rispetto ai coetanei monolingue.

C’è un però.

Ovvero… una generalizzazione del tipo “i bambini bilingue parlano più tardi” è scorretta, perché non tiene conto di quanto intensamente i bimbi vengano esposti alla seconda lingua e con quale frequenza. 

Ogni caso fa storia a sé. 

Tanto è vero che molti studi sul bilinguismo infantile (K. Oller 1997 | F. Genesee et L.A. Petitto) hanno dimostrato che un bambino esposto a due lingue contemporaneamente pronuncia le sue prime parole nello stesso periodo di un bambino monolingue.

Per quanto riguarda un possibile nesso tra bilinguismo infantile e ritardi nel linguaggio ti rassicuro immediatamente: è un falso mito

Apprendere una seconda lingua nell’infanzia non causa in nessun modo al piccolo ritardi nel linguaggio.

Tanto è vero che il cervello umano è estremamente ricettivo nei confronti del linguaggio nei primi anni di vita ed è perfettamente in grado di gestire due o più lingue simultaneamente fin dalla nascita. 

Del resto saprai che, al contrario dell’Italia, esistono molti Paesi nel mondo dove il plurilinguismo rappresenta la norma, mentre il monolinguismo è l’eccezione.

Il bilinguismo causa ritardi nel linguaggio? Falso!

Nell’articolo “Quando iniziare a insegnare l’inglese ai bambini?” ho riportato diversi studi scientifici che smentiscono il falso mito “con due lingue il bambino piccolo si confonde e si stressa”.

Queste ricerche dimostrano come i mescolamenti verbali non sono la causa di ritardi nel linguaggio, anzi: rappresentano una grande risorsa comunicativa per il bambino.

Infatti, anche se i bambini bilingue sono chiamati a impegnare più risorse cognitive, questo permette loro di apprendere in modo naturale la struttura del linguaggio.

I bambini bilingue, inoltre, acquisiscono una capacità metalinguistica avanzata di distinguere forma e significato delle parole, rispetto a un bambino monolingue. 

Questo vantaggio li agevola a saper leggere prima dei monolingue.

Per non parlare del vantaggio che acquisiscono nell’apprendimento di una terza o quarta lingua, grazie alla conoscenza intuitiva della struttura delle lingue.

Contrariamente a quanto si poteva pensare negli anni ‘60 del secolo scorso, imparare due lingue simultaneamente non è uno sforzo per il bambino, perché coincide con il suo “periodo critico” di apprendimento del linguaggio.

Ogni novità in questo campo per lui sarà una scoperta, che verrà immagazzinata nella sua memoria implicita. 

La memoria implicita è quella che ci permette di memorizzare gli elementi linguistici nelle loro caratteristiche fonetiche e morfosintattiche e si differenzia dalla memoria esplicita, che memorizza su base semantica.

Ma se il processamento semantico tramite memoria esplicita rimane attivo durante tutta la vita, la memorizzazione morfosintattica domina solo nei primi anni di vita.

Ecco perché il bambino bilingue “precoce” gestisce molto meglio il lessico funzionale (articoli, congiunzioni, preposizioni) rispetto a chi impara l’inglese dai 9 anni in avanti (che avrà invece maggiori difficoltà). 

Cos’è e quando si parla di Ritardo del Linguaggio?

Un ritardo nel linguaggio si verifica a partire da una una predisposizione genetica che condiziona lo sviluppo linguistico del bambino.

Il bambino che fra i 24 e i 30 mesi di età presenta un rallentamento nello sviluppo del linguaggio, in assenza di altri deficit (neurologici, sensoriali, relazionali, ambientali), viene definito “parlatore tardivo”. 

Ricorda però che il ritardo di linguaggio spesso è soltanto una fase passeggera, che viene superata senza strascichi. 

Le ricerche stimano che il 10-20% dei bambini di età inferiore ai 3 anni presenti un ritardo nello sviluppo linguistico: di questi soltanto una minima parte riceverà in seguito una diagnosi di disturbo di linguaggio.

Quindi sottolineiamo bene questo concetto: se il bambino non articola nessuna parolina non significa che la causa è l’esposizione a una doppia lingua, bensì è una mancanza dovuta a una difficoltà specifica nell’acquisizione del linguaggio in generale.

Ciò che devi valutare è la competenza complessiva nelle due lingue: soltanto se il bambino ha un vocabolario totale davvero irrisorio rispetto agli altri bimbi puoi iniziare approfondimenti specialistici.

Ma nella maggior parte dei casi ci si fa prendere dall’ansia e si dimentica il Silent Period, o periodo Silente.

Il periodo silente nell’acquisizione di una lingua

Il Silent Period è il primo periodo in cui una persona, a qualunque età, viene a contatto con una lingua. 

In questa fase la produzione linguistica è assente.

Il bambino non parla.

Il suo cervello sta ascoltando e registrando l’attribuzione di significati alle parole.

Pensa a un bambino di 2 anni: capisce molto di più di quanto non sia in grado di dire.

Eppure noi genitori andiamo in ansia, perché magari l’amichetta ha iniziato già a parlare e non vogliamo che nostro figlio resti indietro rispetto agli altri.

Quindi la domanda che sorge urgente è:

“Ma quanto può durare questo Silent Period?”

Purtroppo non esiste una risposta univoca.

Ogni bambino ha i suoi tempi.

A tal proposito ti voglio raccontare la mia esperienza personale.

Quando iniziano a parlare i bambini bilingue: l’esperienza dei miei figli

Voglio parlarti della mia secondogenita: Emma, my cheeky little girl.

Mia figlia è una forza della natura, ha un carattere forte e i suoi occhi parlano chiaro, quando vuole una cosa la ottiene. 

Ha iniziato a gattonare a 9 mesi, a camminare a 12. 

È la tipa che se, per scendere le scale senza ringhiera, le offri la mano, ti dice “no faccio da sola”.

Eppure a 20 mesi diceva ancora poche paroline. 

E se la confrontavo con il fratello, a volte mi preoccupavo.

Paolo infatti, il mio primo figlio, era un chiacchierone, tanto che ha iniziato a parlare che aveva solo 18 mesi.

Pensa che ho dei video in cui piccolissimo risponde a me e ai nostri amici in inglese, senza alcun timore.

E allora?

L’educazione è la stessa. 

Ho fatto le stesse cose per entrambi, stesso ambiente, stessa vita.

Qual è la differenza?

La differenza sta nel fatto che sono due bambini diversi. 

Ogni bambino ha i suoi tempi (non è una frase fatta).

Tanto è vero che l’esplosione di Emma è avvenuta a 28 mesi.

10 mesi più tardi rispetto a suo fratello.

Ora parla… e dice un sacco di parole anche in inglese.

Eh sì! Perché i bambini sono così…

… il loro apprendimento, così come la loro crescita, procede a scatti.

Sì, mi sono preoccupata, ma MAI ho creduto che la causa fosse l’esposizione a una seconda lingua.

“I bambini con disabilità linguistiche dovrebbero usare solo una lingua”

Niente di più sbagliato.

Non solo limitare l’uso delle lingue in famiglia a una sola non migliorerà le cose, ma potrebbe anzi rendere ancora più difficile l’acquisizione del linguaggio nel bambino che si sente in difetto. 

Al contrario, se il contesto bilingue è ben avviato all’interno delle dinamiche familiari, è importante mantenerlo, per accompagnare il bambino e il suo percorso naturale di apprendimento linguistico.

Quando iniziare la logopedia?

Nel caso estremo in cui notassi un’estrema difficoltà nel pronunciare correttamente i suoni della nostra lingua o addirittura ad articolare parole e frasi allora è meglio ricorrere a una visita da un logopedista. 

L’età in cui viene solitamente consigliato di portare il bambino a fare una visita logopedica è intorno ai 4 anni, un’età nella quale la sua proprietà di linguaggio dovrebbe essere già a un buon livello.

Fai attenzione anche alla sua capacità di comprensione della lingua, che rappresenta un ottimo indicatore. 

Cresci tuo figlio bilingue senza remore, lo dicono anche i pediatri

Proprio così, almeno i pediatri che hanno continuato ad aggiornarsi. 

Infatti, la Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP) ha creato addirittura un poster per riassumere come “parlare più lingue faccia crescere di più”. 

Bilinguismo promosso dai pediatri

Se il tuo pediatra di famiglia non ti incoraggia a esporre i tuoi bambini ad almeno una seconda lingua quanto più precocemente possibile, meglio che gli fai presente questo riferimento, oppure cambialo, appena puoi.
Anche perché ad oggi diversi ricercatori in campo linguistico hanno dimostrato che i neonati sono naturalmente attratti dal suono di una lingua nuova, che rappresenta per loro una novità.

In pratica, da quando il tuo bambino ha pochi mesi, ascoltare due lingue invece di una è per lui una ricchezza, non solo linguistica, ma anche cerebrale.

Quindi il mio consiglio spassionato, come madre di tre figli che stanno crescendo bilingue,  è quello di abbandonare ogni paura e pregiudizio e iniziare da subito a creare momenti nei quali il tuo bambino sia in contatto con la lingua inglese.

In merito di consiglio di leggere il mio post: “Quando iniziare a insegnare l’inglese ai bambini?” 

Puoi iniziare a coltivare nel tuo piccolo l’amore per la lettura in inglese, che lo aiuterà anche ad amare i libri in generale e ad acquisire padronanza di tanti nuovi vocaboli e frasi tipiche della lingua parlata.

Con questa attività costante scoprirete insieme, a poco a poco, un mondo diverso da quello italiano, con tradizioni e usi differenti.

Non solo farai in modo di migliorare l’apertura mentale del tuo bambino, ma otterrai anche il duplice vantaggio di perfezionare la sua acquisizione linguistica.

In altre parole, quando il bambino è nel tuo grembo e ti sente leggere, impara l’inglese senza accorgersene. Provaci subito, che aspetti?

Ho creato per te la guida MAGIC TALES – Come sfruttare il potere delle storie per insegnare l’inglese a tuo figlio: troverai al suo interno 7 consigli che ti eviteranno inutili grattacapi durante i momenti di lettura insieme a tuo figlio.

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